SCF Consorzio Fonografici annuncia che la Corte d’Appello di Torino, nell’ambito di un contenzioso aperto dal consorzio nei confronti di un dentista, ha deciso di sottoporre il caso all’esame della Corte Europea di Giustizia.
La Corte di Appello, accogliendo la richiesta di SCF, ha disposto la sospensione del giudizio, sottoponendo presso l’autorità europea una questione pregiudiziale interpretativa.
La Corte Europea sarà così chiamata a decidere se la diffusione di musica all’interno di studi professionali privati – come quelli dentistici – nei quali l’accesso di clienti avviene di norma in maniera programmata, rappresenta una forma di “comunicazione al pubblico di musica”. Si dovrà quindi stabilire se l’ambulatorio dentistico costituisce un “luogo aperto al pubblico”.
L’Autorità Europea dovrà inoltre chiarire se tale attività di diffusione dia diritto alla percezione di un compenso in favore di artisti e produttori discografici, così come previsto dalle direttive dell’Unione Europea e dalla legge italiana sul diritto d’autore.
“Siamo molto soddisfatti che il caso italiano venga posto all’attenzione della Corte Europea di Giustizia. Anche nel nostro paese avremo così l’opportunità di ottenere una pronuncia di chiarimento generale circa l’area di applicabilità delle norme che tutelano i diritti di artisti e produttori per la musica diffusa in pubblico. L’obiettivo auspicabile è quello di ottenere in materia un’armonizzazione con quanto già da tempo avviene negli altri paesi dell’Unione Europea dove gli studi medici e dentistici riconoscono regolarmente il pagamento dei diritti discografici a fronte dell’utilizzo di musica d’ambiente, per offrire ai propri pazienti un ambiente più confortevole e rilassante”, commenta Gianluigi Chiodaroli, Presidente di SCF.
Le Direttive dell’Unione Europea e la legge italiana sul diritto d’autore stabiliscono che per la diffusione di musica registrata in pubblico è necessario ottenere l’autorizzazione da tutte le parti che contribuiscono alla creazione del prodotto musicale. Tali norme tutelano, infatti, sia i diritti degli autori ed editori, sia i diritti dei produttori e degli artisti interpreti che realizzano le registrazioni musicali: questi ultimi sono denominati diritti connessi discografici.
In Italia gran parte delle case discografiche esercita tali diritti tramite SCF, consorzio composto oggi da più di 300 imprese, largamente rappresentative del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia.
“È evidente che il principio che cerchiamo di diffondere – il rispetto della musica e della legalità – sconta nel nostro paese difficoltà e resistenze che sono imputabili in primo luogo a carenze e fattori di natura culturale: l’errata e strumentale equiparazione del compenso SCF a una tassa, il luogo comune che identifica la musica come un bene gratuito. Detto ciò registriamo sul tema una crescente maturità e consapevolezza da parte di operatori professionali, attivi nei più svariati settori, che fanno sempre più uso di musica riconoscendo i diritti discografici. Non solo. Anche il mondo no-profit ha dimostrato la medesima sensibilità. Persino la Chiesa, attraverso la CEI, ha da tempo in essere con SCF una convezione a favore delle parrocchie. Ci domandiamo, a questo punto, per quale motivo i dentisti non dovrebbero pagare”, conclude Chiodaroli.