Il Ministro Gentiloni: la repressione non funziona contro pirateria. La replica dei discografici

Lo strumento repressivo non funziona contro la pirateria audiovisiva. Lo afferma il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ospite ieri di Maurizio Costanzo a ‘Stella’, su SkyVivo. Per il titolare delle Comunicazioni, la strada per arginare il fenomeno è invece quello di mettere i contenuti a disposizione su internet a prezzi competitivi, in modo da scoraggiare chi scarica illegalmente.
“Temo che lo strumento repressivo – sottolinea Gentiloni – abbia dimostrato negli anni di non funzionare. Credo invece che la strada potrebbe essere che chi produce musica, video, metta in rete i contenuti a prezzi convenienti in modo da combattere la pirateria con l’alternativa legale dei prezzi convenienti”.
Per l’esponente del Pd, in sostanza, “lo strumento repressivo va usato solo in casi estremi”. E d’altronde, osserva, “il decreto cosiddetto Urbani ha dimostrato di non essere uno strumento adatto, è come sparare con una cannonata su una miriade di microbi”.
Replica al ministro il Presidente dei discografici di Confindustria, Enzo Mazza: “Evidentemente il Mnistro Gentiloni è male informato. In Italia le vendite di musica digitale legale a basso costo, intorno ai 99 cents a brano, sono crescite del 44 % solo nell’ultimo trimestre e dal 66 % su tutto l’anno, con decine di piattaforme che offrono più di cinque milioni di titoli, dalla classica al pop, al rock, alla musica leggera italiana, al jazz.
Sulla pirateria l’Italia ha oggi ottime leggi e quando il Ministro erroneamente cita la Legge Urbani, che fu modificata dal Parlamento con il contributo anche del suo partito, non si deve dimenticare che il problema vero è nell’applicazione. Laddove le norme sono state applicate dalla magistratura e dalle forze dell’ordine hanno avuto un forte impatto deterrente con colpi severi inferti ai grandi condivisori di musica abusiva sulle reti p2p. D’altra parte la necessità di combattere la pirateria digitale anche con misure efficaci ci è stata dimostrata proprio nei giorni scorsi dal piano approvato in Francia da Sarkosky, con severe misure repressive che accompagnano misure per lo sviluppo” ha concluso Mazza.